Un pacemaker biologico tutto naturale, dai laboratori del Cedars-Sinai Heart Institute di Los Angeles arriva la notizia stupefacente della messa a punto di un pacemaker biologico, ottenuto riprogrammando cellule epiteliali del paziente e istruendole circa i nuovi compiti dei quali assicurare la funzione.

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Anche per il pacemaker elettrico, inventato nel 1960 e storico antiesignano dell’ingegneria bionica moderna, sta probabilmente per arrivare il tempo del pensionamento, grazie alle nuove rivoluzionarie tecnologie di bioingegneria genetica. Dai laboratori del Cedars-Sinai Heart Institute di Los Angeles arriva infatti la notizia stupefacente della messa a punto di un pacemaker biologico del tutto naturale, ottenuto riprogrammando cellule epiteliali del paziente e istruendole circa i nuovi compiti dei quali assicurare la funzione.

Sugli oltre 10 miliardi di cellule delle quali è composto un cuore umano, circa diecimila in totale hanno infatti la responsabilità di generare una attività elettrica sufficiente, e in maniera opportunamente coordinata, a causare le contrazioni ritmiche del cuore che ne costituiscono il battito; si trovano nel nodo seno-atriale della camera in alto a destra del muscolo cardiaco, e nel momento in cui dovessero smettere di funzionare, nel migliore dei casi l’attività muscolare del cuore ne risulterebbe disordinata ed inefficiente, priva del giusto stimolo, e la circolazione del sangue risulterebbe difficoltosa. Nei casi peggiori, invece, l’attività cardiaca potrebbe risultare così compromessa da rendere necessario un piccolo intervento chirurgico di inserimento del pacemaker elettrico, unica opzione possibile per sopravvivere: almeno, fino ad oggi.

Il pacemaker attuale è un piccolissimo apparecchio elettronico portatile, consistente in una cassa ermetica in titanio racchiudente le batterie ed i circuiti da impiantarsi sottopelle, e in elettrodi inseriti di norma nell’arteria succlavia o nella vena brachicefalica sinistra; per quanto di facile installazione e di efficienza ed efficacia comprovate, resta sempre soggetto a danni fisici o causati da sorgenti elettromagnetiche, necessita di cambio delle batterie e di una nuova piccola operazione chirurgica.

I ricercatori del Cedar’s hanno invece cercato una soluzione del tutto differente e innovativa. Tramite un virus inattivo da utilizzare come nano macchina, vista la capacità dei virus di penetrare nel DNA bersaglio e riprogrammarne i codici, hanno inserito nelle cellule epiteliali originarie un  singolo gene, denominato Tbx18, che ha istruito le cellule cardiache originarie in modo da funzionare da cellule pacemaker del tutto indistinguibili da quelle nate con questo specifico scopo. Un esperimento simile è stato portato a termine con successo in questo stesso anno presso il Tecnhion-Israel Institute of Technology e del Rambam Medical Center in Israele tramite tre diversi geni, ma l’esperimento americano è rivoluzionario in quanto non ha previsto l’utilizzo di cellule staminali e si è basato sulla sola istruzione delle cellule.

“Anche se avevamo già creato dei pacemaker biologici primitivi, questo studio è il primo a dimostrare che un singolo gene può convertire le cellule del muscolo cardiaco in cellule pacemaker autentiche. Le nuove cellule hanno generato impulsi impulsi elettrici spontaneamente ed erano indistinguibili da quelle native” ha dichiarato Cho Hee Cheol, uno dei ricercatori del progetto.

Per il momento, la sperimentazione può avvenire solo su animali – il soggetto dell’esperimento, un topo, ma la per la sperimentazione umana si pensa a un tempo massimo di 5 o 10 anni ancora.

DI Carlo Vanni

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