L’accoglienza in sala per “Everest” non è stata un trionfo, ma il film diretto dall’islandese Baltasar Kormakur colpisce dritto all’essenza dei fatti. La pellicola è basata su una reale spedizione avvenuta nel 1996, in cui persero la vita 8 scalatori.
La star tra gli interpreti è naturalmente Jake Gyllenhaal, – il quale ha dichiarato oltretutto di amare la montagna- che recita nei panni di Scott Fischer, uno dei due capo esperti, alle prese con la vetta più alta del mondo. Gyllenhaal racconta:”Una volta fui invitato al David Letterman show, e confessai che il mio programma preferito era Mens vs Wild di Discovery Channel.
Nel 1996 gli sfortunati protagonisti della tragica spedizione alpinistica furono sorpresi da un’improvvisa tempesta a 8.000 metri. Il senso di vertigine e il gelo che brucia la pelle durante la faticosa ascesa è ciò che Kormakur riesce a trasmettere, insieme al messaggio, umano e sportivo allo stesso tempo, per cui non serve la competizione tra esseri umani ma lo spirito con cui si affrontano le difficoltà più estreme. Non c’è il più bravo, chi primeggia, ma qui vince la solidarietà, il gruppo unito. L’essenziale sono una buona attrezzatura, occhiali antiriflesso per il bianco accecante della neve e del ghiaccio, e bombole d’ossigeno perché l’aria è molto rarefatta e non tutti possono resistervi. A casa, in trepidante attesa di notizie dai loro uomini, una solida Robin Wright – qui moglie dell’intrepido Josh Brolin -, e una dolce Keira Knightley, che porta in grembo una bambina.
Everest ha ottenuto buone recensioni negli Stati Uniti, dove uscirà il 25 settembre. I critici americani hanno elogiato la prova di Jake Gyllenhaal che oltre a questo film e Southpaw sarà candidato a una nomination agli Oscar. Un buon inizio, da vertigine, per Venezia 72.
Di Luisa Galati