Più avanti il testo si presenta così: «Ma voi, uomini d’oggi, da quale follia e da quale assillo siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del necessario con una tale sovrabbondanza? Perché calunniate la terra, come se non fosse in grado di nutrirvi? Perché commettete empietà contro Demetra legislatrice e disonorate Dionisio benigno, dio della vite coltivata, come se non vi venissero da loro doni a sufficienza? Non vi vergognate di mischiare i frutti coltivati al sangue delle uccisioni? Dite che sono selvatici i serpenti, le pantere e i leoni, mentre voi stessi uccidete altre vite, senza cedere affatto a tali animali quanto a crudeltà. Ma per loro il sangue è un cibo vitale, invece per voi è semplicemente una delizia del gusto».
Plutarco nega la natura istintiva dell’appetito per le carni. Egli sostiene che non si tratti di un istinto autentico, bensì di un pervertimento dell’istinto, e mostra come la consuetudine di mangiare animali sia in realtà del tutto innaturale. «Che crudeltà! È terribile vedere infatti imbandite le mense dei ricchi, che usano i cuochi, professionisti o semplici cucinieri, come acconciatori di cadaveri (…)» scrive, e poco dopo aggiunge: «Consideriamo senz’altro assurda la convinzione di quanti affermano che l’uso di mangiare la carne abbia un’origine naturale. Che l’uomo non sia carnivoro per natura, è provato in primo luogo dalla sua struttura fisica. Il corpo umano infatti non ha affinità con alcuna creatura formata per mangiare la carne: non possiede becco ricurvo, né artigli affilati, né denti aguzzi, né viscere resistenti e umori caldi in grado di digerire e assimilare un pesante pasto a base di carne. Invece, proprio per la levigatezza dei denti, per le dimensioni ridotte della bocca, per la lingua molle e per la debolezza degli umori destinati alla digestione, la natura esclude la nostra disposizione a mangiare la carne.
«I leoni e altri animali mangiano carne, ma questo non significa che noi dovremmo» scrive Sharon Gannon. «Loro se non lo facessero morirebbero. Gli esseri umani, invece, scelgono di mangiare carne; non è una necessità fisiologica. Infatti, siamo anatomicamente progettati per essere vegetariani.» Poi fa notare: «I leoni e gli altri animali carnivori, oltre a mangiare carne, fanno molte altre cose. Vivono all’aperto, non dentro a delle case; non indossano vestiti e non guidano automobili. Perché citare solo una delle molte cose che fanno e sostenere che dovremmo imitarli? Non ha molto senso.»
«Ai giorni nostri, l’ostacolo più grosso per la nostra evoluzione spirituale come specie è la nostra percezione e il trattamento che riserviamo agli animali e al mondo naturale» scrive Sharon Gannon. «Quando ci risveglieremo dal nostro sonno di negazione e diventeremo consapevoli della verità della nostra connessione a tutta la vita, la nostra pratica spirituale, o sadhana, potrà avere inizio.»
«Il latte, il burro, il formaggio e altri simili prodotti forniscono grassi animali in una forma che esclude ogni necessità di uccidere creature innocenti» ha scritto Srila Prabhupāda, il sapiente fondatore della Società Internazionale per la coscienza di Krishna. «Soltanto una mentalità barbara permette che si continuino a massacrare gli animali.» E poco più avanti: «L’abbattimento degli animali è un metodo proprio del sub-umano. Quanto alle proteine, si trovano abbondantemente nei ceci, nel dāl (leguminosa simile alla soia), nel grano integrale e in molte leguminose.»
«Non dobbiamo pensare che Dio si trovi nel nostro cuore, e non nel cuore del cane, del gatto o della mucca» dice inoltre Srila Prabhupāda in un altro testo. « (…) Egli si trova nel cuore di tutti gli esseri, dell’uomo come della formica. L’unica differenza consiste nel fatto che cani e gatti non sono in grado di comprenderlo.» Per questo, fra l’altro, l’esser nati in forma umana è considerata una grande fortuna in India. E anche secondo Annie Besant, «noi siamo qui come educatori, direttori, aiutanti delle creature inferiori, che stanno al di sotto di noi nella scala dell’evoluzione. Ogni qualvolta commettiamo contro gli animali una crudeltà, una durezza, una brutalità di qualsiasi specie, noi pecchiamo contro Colui che dimora dentro di loro e di cui anch’essi sono una manifestazione inferiore.»
«Per uno yogi è saggio considerare che quando qualcuno fa del male ad un altro, quell’azione perpetui la ruota del samsara, il ciclo di nascita, vita e morte» ammonisce infine la Gannon. «Lo yogi sta provando a liberarsi dal samsara e perciò non mangia carne, visto che (il mangiare carne) crea quel tipo di karma che ci tiene tutti legati a quella ruota.»
In effetti, e scusate se mi ripeto, se tutti i saggi e i sapienti della storia erano vegetariani o vegani, una ragione ci sarà. Nella Vita di Apollonio di Tiana di Filostrato, Apollonio dopo aver spiegato che Pitagora non si nutriva di animali né di pesci, dice di lui: «Sostenendo inoltre che gli abiti che si portano di solito sono impuri, in quanto provengono da esseri mortali, si abbigliava di lino; e per la stessa ragione intrecciava il vimine per farsene le calzature. Dal suo stato di purezza trasse molti vantaggi, soprattutto la conoscenza della propria anima.»
Giamblico conferma: «Pitagora usava una veste bianca e pura, e tali erano anche le sue lenzuola. Queste erano di lino, perché egli non si serviva di pelli d’animali: un uso, questo, che trasmise ai suoi discepoli.» Inoltre, Giamblico ci dice che Pitagora, «avendo rinunciato al vino e alla carne, e già da prima alle grandi quantità di cibo, si limitava a nutrirsi di alimenti leggeri e digeribili, ottenendone necessità di poco sonno, facilità alla veglia, purezza dell’animo e insieme perfetta e incrollabile salute fisica». Più avanti, egli aggiunge che Pitagora «insegnava ai discepoli a non cibarsi della carne degli animali e ad astenersi anche da certi alimenti che ostacolavano la vigilanza e la purezza dell’intelletto; insegnava il riserbo e il totale silenzio, che educa a dominare la lingua per molti anni, nonché la ricerca e la ripetizione accanite e instancabili dei concetti più difficili.» Ci dice poi che questo maestro «prescriveva di non bere, di mangiare e dormire poco, e consigliava lo spontaneo disprezzo e il rifiuto della gloria, delle ricchezze e simili, il sincero rispetto dei più anziani…»
Infine, per ciò che concerne la frase del trattato Il primo gradino di Lev Nikolàevič Tolstòj (1902), vale la pena di riportare qui integralmente il passo in oggetto: «Non possiamo fingere di non sapere. Non siamo struzzi e non possiamo credere che se ci rifiutiamo di guardare ciò che non desideriamo vedere, questo non esisterà. E tanto meno lo possiamo, quando ciò che non vogliamo vedere è quel che vogliamo mangiare. E soprattutto, se almeno fosse necessario tutto ciò! O magari non necessario, ma se non altro almeno utile a qualcosa. E invece? Niente, non è di nessuna utilità. (Coloro che ne dubitano leggano quei numerosi libri che sono stati scritti a questo proposito da scienziati e da medici, e nei quali viene appunto dimostrato che la carne non è affatto necessaria all’alimentazione umana. E non ascoltino invece quei medici veterotestamentari che difendono a spada tratta la necessità di far uso di carne solamente perché la carne è stata ritenuta necessaria per lungo tempo dai loro predecessori e poi anche da loro stessi; costoro la difendono caparbiamente, con malevolenza, così come si difende sempre quel che è vecchio e va ormai cadendo in disuso.) Serve soltanto a educare la gente ai sentimenti bestiali, a sviluppare la bramosia, la lussuria, l’ubriachezza. Il che trova perennemente conferma nel fatto che uomini giovani, buoni, non guastati ancora, e in particolar modo le donne e le fanciulle, sentono, pur senza saperlo, che così come da una cosa ne deriva un’altra, allo stesso modo la virtù non è compatibile con la bistecca, e non appena desiderano esser buoni, abbandonano appunto i cibi a base di carne.»
Ebbene, solo quando smetteremo di farlo – solo quando smetteremo di uccidere – inizando una buona volta a essere coerenti con quanto sappiamo e sentiamo nel profondo dell’animo, solo allora in questo mondo comincerà ad esserci un po’ più di ordine. Le bestie sono bestie appunto perché, schiave degli istinti, si sbranano l’un l’altra. Noi però non siamo bestie, ma esseri umani, ed è ora che iniziamo a comportarci come tali.
Fra l’altro, molti di noi si dicono cristiani… però continuano a contribuire a creare la «domanda di morte» di miliardi di animali acquistando carne e pesce nei nostri supermercati, mandando al macello creature innocenti cresciute tra atroci sofferenze e barbaramente uccise.