Elisir di lunga vita elogio della meditazione


 Come nasce un saggio?

«La mente riceve illuminazione dall’anima sotto forma d’idee che si riversano in essa o di intuizioni che le trasmettono una conoscenza diretta ed esatta, giacché l’intuizione è sempre infallibile» scrive la Bailey. «Il procedimento viene ripetuto dalla mente attiva, che comunica al cervello in attesa le intuizioni e la conoscenza trasmesse dall’anima. Quando ciò si compie automaticamente e con esattezza, si ha l’uomo illuminato, il saggio.»

I saggi non nascono sotto i cavoli – nascono così. E l’illuminazione non è soltanto un fatto psicologico, ma anche fisiologico, come ha detto W. Winslow Hall.

Così la meditazione si rivela una risorsa preziosa nei momenti di indecisione o di confusione, quando non sappiamo quale strada imboccare. In quei momenti, tutto ciò che dobbiamo fare è connetterci con il Sé superiore, e cioè a quella parte di noi che potrebbe essere definita come «la nostra volontà autentica e profonda», per mezzo della meditazione.

Calmando la mente, giungeremo in una dimensione di quiete e di chiarezza, di là della confusione del «mondo» e dell’«ego», di là del chiasso che fanno il corpo, la mente e l’emotività; giungeremo in una dimensione tale da permetterci di indovinare quella volontà autentica e profonda e di uniformare ad essa il nostro comportamento esteriore.

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Elisir di lunga vita elogio della meditazioneTerminata la meditazione, la consapevolezza del modo in cui dobbiamo comportarci per uscire dall’impasse ci giungerà tempestivamente nella forma di un’intuizione o di un’ispirazione.

«Diversamente dalle impressioni provenienti dalla vita esteriore di ogni giorno, registrate sul nastro magnetico della mente, queste giungono dal regno dell’anima e sono prodotte dall’attività della stessa anima di colui che medita, o da altre anime con le quali essa sia in contatto» scrive Alice Bailey, e più avanti dice: «Le improvvise soluzioni di problemi astrusi o apparentemente insolubili, e molte grandi invenzioni che hanno rivoluzionato il mondo rientrano in tale categoria.»

«La saggezza può arrivare solo se accedete al non-pensiero, alla dimensione senza pensiero dentro di voi» [22] dice Eckhart Tolle, precisando che l’assenza di pensiero implica un grado di coscienza più ampio.

Per questo, fra l’altro, si dice che «la notte porta consiglio»: il sonno ci porta nello stesso posto, solo che non ne siamo coscienti; invece nella meditazione lo spegnimento della mente è compiuto coscientemente e l’immersione negli stati più profondi dell’Essere è volontaria e consapevole.

La meditazione stimola la creatività

Quanto a me, non ho tardato a rendermi conto che la meditazione è utilissima anche per ciò che concerne il mio lavoro di scrittore. David Lynch attribuisce la sua creatività alla pratica costante della Meditazione Trascendentale (il regista pratica la meditazione da oltre quarant’anni).

Immagino che a questo «principio» sia pure riconducibile l’abitudine, propria a molti artisti, tra cui Hemingway, di dedicare alla propria arte le prime ore del mattino, in quanto è risaputo che queste ore sono particolarmente feconde e congeniali all’opera creativa.

Infatti, come si è appena detto, il sonno è una sorta di meditazione inconsapevole, una sospensione o una attenuazione della coscienza ordinaria, cioè dell’attività mentale, sicché, per le ragioni che abbiamo spiegato, le ore immediatamente successive al risveglio sono più proficue, in termini di ispirazioni e di intuizioni, della restante parte della giornata.

Anche il dormiveglia porta consiglio, per quanto mi riguarda, tant’è che capita di frequente di essere «assaliti» dalle idee allorché ci corichiamo e ci accingiamo a dormire.

Anche in questo caso, l’attenuazione del livello di coscienza, coincidendo con la rimozione degli ostacoli mentali nel canale di comunicazione fra sé inferiore e Sé superiore, agevola la connessione col secondo e la discesa di informazioni «dall’alto».

Quante volte, dopo che mi ero messo pacificamente a letto, in seguito a improvvisi «lampi di genio» mi son dovuto alzare a più riprese per prendere appunti riguardo questioni su cui mi ero spremuto le meningi invano per tutta la giornata!

Le intuizioni «piovono dal cielo» allo stato archetipo, come astrazioni rigorosamente aformali, come «princìpi primi» o «qualità concettuali non-individualizzate» che in seguito la mente «traduce» in forme-pensiero e in immagini, rendendo queste qualità aformali intellegibili alla coscienza inferiore psichica, la quale poi, se è il caso, li traduce in atti.

In questo modo, a partire dal loro livello atemporale, gli archetipi si individualizzano vieppiù fino a divenire azioni compiute in un determinato punto dello spazio e del tempo. Così il processo creativo ripete quello della Creazione: dall’universale al particolare, dall’eternità al tempo – o meglio: a un determinato punto nel tempo e nello spazio, – dall’immortalità alla caducità, e cioè dallo Spirito alla materia, dalla Qualità alla quantità.

In altre parole, le intuizioni nascono nel mondo degli archetipi, discendono sotto forma di idee astratte nel mondo astrale o psichico e lì assumono una forma e divengono pensieri e sentimenti, i quali poi possono dar luogo a fatti e azioni nel mondo materiale.

Per recepire questi archetipi, però, è necessario «staccare la spina» della mente, che altrimenti «isola» la coscienza, imprigionandola in una sorta di circuito chiuso discorsivo-formale, dal momento che la mente continua a rigirarsi le sue quattro immaginette per tutti i versi, seguendo il corso frenetico di un pensare associativo, necessariamente lento e limitato, se non completamente vano, senza poter accogliere ulteriori stimoli atti a far nascere nuove immagini più adeguate al presente.

È sufficiente anche solo calmare la mente. Allargando le maglie del pensiero, consentiamo a questi input di penetrare nel nostro essere più facilmente che non quando pensiamo compulsivamente, favorendo l’afflusso di intuizioni che ci danno modo di risolvere ogni tipo di problema.

La verità è che avremmo la capacità di risolvere ogni tipo di problema, ma possiamo avvalerci di questa capacità solo se impariamo a disattivare la mente, che altrimenti corre in circolo. Staccata la spina della mente, l’essere si trova nelle condizioni di poter accogliere dentro di sé questi archetipi, questi input intuitivi aformali, dopodiché la mente si riattiverà automaticamente per tradurli nei simboli che le sono propri, nelle forme-pensiero che in seguito diventeranno azioni nel mondo materiale.

Elisir di lunga vita elogio della meditazioneL’abitudine inveterata degli uomini del Kali Yuga (cioè della presente età oscura del materialismo) di non uscire mai dal circuito chiuso dei propri pensieri ha causato l’atrofia di quella che Gurdjieff chiama «Ragione oggettiva», «coscienza morale divina» o, più spiritosamente, «impulso esserico fondamentale»[23], e li ha tagliati fuori, per così dire, dai gradi superiori di consapevolezza, oltre a privarli di una gran quantità di altri benefici, a partire dalla longevità fino ad arrivare a quella che potremmo definire una «pressoché illimitata riserva energetica», passando per la già menzionata intuizione, e cioè – in definitiva – per l’onniscienza, che difatti è rimasta prerogativa esclusiva degli «illuminati» che hanno ripristinato il contatto con il proprio Sé superiore.

In conclusione, caro lettore, leggi pure quanto ti pare, spremiti le meningi, ragiona fin che vuoi… ma ogni tanto, per l’amor di Dio, spegni il benedetto cervello.

E soprattutto quando sei confuso, quando hai un problema, quando «non sai che pesci pigliare», fai così: calma la mente o – ancora meglio – «disattivala» per un po’. Vedrai che la soluzione si presenterà da sé.

Rimbambito

Quanto all’apertura di questo canale, di questo collegamento fra Sé superiore e sé inferiore, fra livello archetipo e livello fisico, sono forse stato agevolato dalle mie disposizioni naturali.

Quando frequentavo il liceo, per esempio, gli amici mi sfottevano dicendo che a volte mi incantavo a «fissare le crepe nei muri», cosa della quale, per inciso, non mi sono mai accorto.

Che cos’era? Il retaggio di una qualche precedente vita da monaco buddhista? Chissà… In effetti, sembrava davvero che vivessi «fuori da mondo», al punto che una volta una ragazza mi ha detto: «È come se tu fossi su un altro pianeta».

Naturalmente, era un modo carino per dire che le sembravo rimbambito, ma quello che penso ora è che si trattasse di una sorta di meditazione automatica e che probabilmente sono sempre stato, in una certa misura, collegato con il mio Sé superiore.

Non a caso, anche allora ero molto creativo: inventavo giochi di società, scrivevo brevi racconti horror, concepivo avventure per i miei giochi di ruolo preferiti (Dungeons & Dragons e Il richiamo di Cthulhu) e così via. Insomma, tutto sommato, quell’essere «su un altro pianeta» è stata la mia fortuna… e pazienza se sembravo un po’ rimbambito![24]

Forse è anche per questo, fra l’altro, che ho sempre dimostrato molti meno anni di quelli che ho…

La fonte dell’eterna giovinezza

Dicono che la meditazione allunga la vita, che fa rimanere giovani… ed è vero. La dimensione di eternità in cui ci immergiamo quando meditiamo è l’elisir di lunga vita, la fonte dell’eterna giovinezza. La beatitudine che affluisce spontaneamente quando per mezzo della meditazione ci tuffiamo in quel mare, in quell’acqua di vita, sono il miglior farmaco possibile, quanto di più salubre, vantaggioso e utile al benessere del nostro organismo si possa reperire oggigiorno.

Il senso di pace che ci avvolge quando oltrepassiamo la soglia dell’ego e sgusciando per la porta angusta della nostra mente riusciamo a evadere dalla prigione in cui siamo confinati è l’acqua dorata del mare dell’eternità. Quel senso di pace è il liquido amniotico all’interno del quale ogni forma è nata e si è sviluppata, ed è il toccasana per eccellenza: esso penetra attraverso i pori della nostra pelle, distende i muscoli, rilassa i nervi, tonifica e rinvigorisce il fisico, perché dallo spirito passa subito nel corpo.

Esso agisce su di noi dall’interno, ed espellendo le preoccupazioni, i dubbi, le ansie, le incertezze, le invidie, le gelosie, le irritazioni e tutte le scorie dell’ego, espelle anche tutte le impurità dal nostro organismo e ci riempie di un benessere spirituale che si traduce immediatamente in benessere fisico.

Allora, davvero, beviamo l’elisir di lunga vita e ci dissetiamo alla fonte dell’eterna giovinezza, perché la materia risponde allo spirito liberando nei nostri corpi quelle sostanze che ci mantengono giovani e in salute, e così le rughe scompaiono insieme alle angosce, l’incarnato riacquista il suo colorito naturale, gli occhi si fanno grandi, profondi, brillanti e luminosi, e tutto il corpo fiorisce splendidamente insieme all’anima.

     …non v’è sulla terra uomo tanto malato che il giorno stesso ch’egli vede la pietra, e poi tutta la settimana che viene, possa morire: il suo aspetto, da quel momento, non cambia più… (…) La pietra è anche chiamata col nome di Gral.[25]

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