demone della modernità

imageLo scorso 14 febbraio a Palazzo Roverella di Rovigo ha inaugurato una nuova mostra, “Il demone della modernità “. Una mostra fuori dall’ordinario, con rimandi interdisciplinari, dalla filosofia alla letteratura, dal cinema all’architettura. Il demone è quello spirito nuovo che permea il periodo a cavallo tra Otto e Novecento. A cura di Giandomenico Romanelli, e promossa della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, l’esposizione offre una carrellata di opere nate, come racconta il sottotitolo, ” da pittori visionari all’alba del secolo breve”. Sono gli anni magici in cui la Grande Guerra, letteratura, poesia e arti figurative si incontrano in modo sinestetico riguardo temi e figure che rappresentano un incrocio di concetti alla ricerca del nuovo. Aleggiava la percezione che il vecchio mondo fosse arrivato al capolinea. L’esposizione è incentrata sulla pittura con rimandi alla letteratura, all’architettura e alle arti visive di fine 800 e dei primi del 900, quando nasce nella coscienza degli artisti l’idea stessa di modernità: la città fumosa, il ritmo veloce delle automobili, gli edifici sempre più imponenti, i sobborghi di periferia, il senso di distruzione, l’idea dell’inferno terrestre, erano tutte idee che dominarono ossessivamente la mente dell’uomo.
La mostra ha un percorso dal forte fascino per le visioni, che sono quelle di artisti situati alla fine di un secolo fin troppo breve per poter spiegare in modo esaustivo le emozioni di quella realtà transitoria.

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image I gusti e le suggestioni letterarie si tingono di nero e di trasgressivo, coi toni del più radicale anticonformismo. Le nuove forme di vita, la nascita delle metropoli, le crisi economiche e le tensioni sociali: tutto è percepito dagli artisti, che tradurranno in segni e forme queste pulsioni, uscendone influenzati. Emergono la poesia di nuovi protagonisti come Baudelaire, le anticipazioni oscure di Allan Poe, il pensiero filosofico che avanza in modo spregiudicato – per esempio con la forza dirompente di Nietzsche -, l’avvio della scienza dell’onirico e dell’inconscio, la sociologia dell’urbanizzazione. Tutti aspetti di un’arte e di un universo nuovi, alla radice della modernità.
La mostra è articolata in sei diverse sezioni; sotto il segno di Lucifero, luoghi dell’illuminazione e Ziggurat dell’anima, Angeli e Demoni. Sogni, incubi e visioni, il trionfo delle tenebre, verso l’olocausto mondiale, altre metamorfosi, Luci(fero) tra i grattacieli.

Palazzo Roverella riunisce così l’arte di un intero continente, dall’Italia alla Francia, dal mondo tedesco fino ai territori del profondo Nord e della Lituania, con Ciurlonis.
imageÈ senza dubbio una mostra dal forte pathos, grazie all’accostamento di ambigui straniamenti, incubi e sogni. Raffigura una modernità del tutto particolare, popolata da angeli e demoni, in bilico tra il conscio e l’inconscio, tra prefigurazioni di morte e destini di luce. Ma non si tratta di una narrazione sistematica, in quanto attorno a figure del mondo nuovo, le nuove forme dell’arte aprono all’inaspettato, all’esplosione oltre le macerie del passato con una potenza incontenibile e ambigua. A interpretare le nuove emozioni troviamo grandi artisti europei: Franz Von Stuck, Odillon Redon, Paul Klee, M. Kostantinas Ciurlionis, Max Klinger,Oskar Zwintscher, Sascha Schneider, Vlaho Bukovac, Marc Chagall, Gustav Moreau, K. Wilhelm Diefenbach e il gruppo degli italiani con Mario De Maria, Guido Cadorin, Gennaro Favai ( il cui dipinto di New York è la locandina della mostra e dialogherà con il moderno cinema espressionista fine anni ’20 ), Bortolo Sacchi, Alberto Martini.

Interessante è il legame con la nuova concezione di urbano e metropoli, ben espressa nell’ultima sezione. La modernità riprende vigore negli anni Venti e Trenta su alcuni temi emblematici sia letterariamente che figurativamente: si pensi al cinema espressionista tedesco. La città diventa la realizzazione delle prefigurazioni di grandi pensatori come Benjamin e Simmel. La metropoli è ora palcoscenico della nuova cultura, con una New York che ruba i riflettori a Parigi, diventando la modernità dei personaggi dell’immaginario sia popolare che colto. Geniale rappresentante ne è proprio il citato Gennaro Favai, artista veneziano. Favai, dopo il viaggio a Gotham city nel ’30, ne disegna i contorni cogliendone l’esposiva novità.

imageLa modernità sta anche nella rappresentazione, dinamica e luminosa, in perfetta sintesi tra antico e contemporaneo; diventa interprete delle suggestioni di Fritz Lang, che racconta il nuovo senso di straniamento. Insieme i due artisti interpretano una nuova stagione e il mondo. Se la città industriale è il luogo-simbolo della modernità, concezione vista da Baudelaire, Benjamin e Proust, New York ne è l’incarnazione perfetta, come la Metropolis di Fritz Lang e la Gotham city di Batman. In dialogo con tali rappresentazioni è “Il cinema della modernità “, una serie di collage di estratti da film realizzato da Michele Gottardi con la collaborazione della videoteca Pasinetti di Venezia, che inscena l’inferno metropolitano proprio grazie al citato “Metropolis” e al “Dracula ” di Murnau, del 1922, insieme a spezzoni che rappresentano le impressioni e gli incubi sulla nuova vita di città.

“La modernità e’ al transitorio, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà e’ l’eterno e l’immutabile(…) perché ogni modernità acquisti il diritto di diventare antichità, occorre che ne sia stata tratta fuori la bellezza misteriosa che vi immette, inconsapevole, la vita umana”. Charles Baudelaire.

Di Luisa Galati

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