La mostra ha un percorso dal forte fascino per le visioni, che sono quelle di artisti situati alla fine di un secolo fin troppo breve per poter spiegare in modo esaustivo le emozioni di quella realtà transitoria.
La mostra è articolata in sei diverse sezioni; sotto il segno di Lucifero, luoghi dell’illuminazione e Ziggurat dell’anima, Angeli e Demoni. Sogni, incubi e visioni, il trionfo delle tenebre, verso l’olocausto mondiale, altre metamorfosi, Luci(fero) tra i grattacieli.
Palazzo Roverella riunisce così l’arte di un intero continente, dall’Italia alla Francia, dal mondo tedesco fino ai territori del profondo Nord e della Lituania, con Ciurlonis.
Interessante è il legame con la nuova concezione di urbano e metropoli, ben espressa nell’ultima sezione. La modernità riprende vigore negli anni Venti e Trenta su alcuni temi emblematici sia letterariamente che figurativamente: si pensi al cinema espressionista tedesco. La città diventa la realizzazione delle prefigurazioni di grandi pensatori come Benjamin e Simmel. La metropoli è ora palcoscenico della nuova cultura, con una New York che ruba i riflettori a Parigi, diventando la modernità dei personaggi dell’immaginario sia popolare che colto. Geniale rappresentante ne è proprio il citato Gennaro Favai, artista veneziano. Favai, dopo il viaggio a Gotham city nel ’30, ne disegna i contorni cogliendone l’esposiva novità.
“La modernità e’ al transitorio, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà e’ l’eterno e l’immutabile(…) perché ogni modernità acquisti il diritto di diventare antichità, occorre che ne sia stata tratta fuori la bellezza misteriosa che vi immette, inconsapevole, la vita umana”. Charles Baudelaire.
Di Luisa Galati