Erbazzone reggiano

Erbazzone reggianoTra i cibi in assoluto più apprezzati del reggiano, senza dubbio originario del territorio, c’è il famosissimo erbazzone: una variante originale ed estremamente apprezzata delle tante torte salate che la tradizione contadina italiana è stata capace di produrre nel corso dei secoli. Quello che noi oggi conosciamo ed amiamo è costituito, con innumerevoli piccole variazioni, da un ripieno di bietole o spinaci, parmigiano, aglio o cipolla, lardo cotti assieme racchiusi tra due strati di pasta non lievitata di farina di grano tenero; una descrizione che non potrà mai rendere giustizia al prodotto finito e non sarà certamente mai in grado di evocare la fragranza, il sapore che si diffondono dalla crosta dorata dell’erbazzone, prima col suo odore inconfondibile e poi al palato, dove sprigiona una sinfonia di sapori tale da rendere famelico anche il mangiatore più inappetente. Uno dei cibi di strada più famosi e fortunati di sempre, infatti, l’erbazzone è perfetto sia come aperitivo o stuzzichino, sia come merenda, sia ancora come pasto completo; una volta assaggiato, è impresa ardua fermarsi al primo pezzo; quindi si prosegue, magari con l’ausilio di un buon Lambrusco.

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Erbazzone reggianoUna disputa ormai più che centenaria oppone il nome “erbazzone” al vecchio “scarpazzone”, scarpasòun in dialetto, dizioni che per i profani diventano del tutto equivalenti; probabilmente, è proprio così, e la differenza tra i due nomi è nata dalla semplice italianizzazione del primo vocabolo. L’originale scarpazzone, così chiamato perché delle bietole si usavano, in una cucina estremamente povera, solo le coste – ovvero, in gergo, le scarpe, è quello che nasce nelle mani delle rézdore da componenti poverissimi, arricchiti se possibile con ogni ingrediente disponibile: ad esempio con il riso, che era parte del pagamento delle mondine che in stagione di raccolta scendevano alla valle, famelica di manodopera, per poi farvi ritorno a lavoro finito. La variante montanara dello scarpazzone infatti ancora oggi prevede l’utilizzo del riso, che pure in origine era comunque da considerarsi un lusso. Altra differenza curiosa tra lo scarpazzone montanaro e quello di città consisteva nell’utilizzo di meno pasta, o niente del tutto: la farina di frumento infatti in montagna era rara e preziosa, utilizzata quando presente per fare il pane. Allora, lo scarpazzone poteva essere una specie di frittata ripiena di bietole – comunque stagionali, cosa che permetteva la realizzazione di questa ricetta prevalentemente nei mesi caldi – o una sfoglia coi bordi arrotolati verso l’alto come base a ricevere il ripieno, ma senza un secondo strato a coprire, proprio come ancora oggi si può vedere in alcuni paesi della montagna reggiana.

Erbazzone reggianoForse, l’idea dell’erbazzone, affine a tante altre torte salate della tradizione italiana, arriva prima in montagna che non in pianura; magari importata attraverso il crinale da Liguria e Toscana, ricche di simili preparazioni, per poi diffondersi in pianura; impossibile ricostruire il percorso esatto delle idee, su di un territorio come quello italiano estremamente antropizzato. Sta di fatto che sicuramente in Emilia queste preparazioni incontrano un clima alimentare decisamente favorevole grazie alla presenza di altri prodotti ed ingredienti perfettamente complementari; sia con l’apporto indispensabile del Parmigiano Reggiano, sia sposando la cultura del maiale, arricchendosi di sapori decisi e gustosissimi grazie al lardo e allo strutto per divenire quell’erbazzone che oggi conosciamo: una delizia che è tutta reggiana, anche quando si parla di una produzione industriale che si sta rivelando capace di attenersi alla tradizione sia pur nell’incremento produttivo necessario per fare fronte alla grandissima richiesta del territorio.

L’erbazzone è oggi molto consumato nei territori di Reggio Emilia, Modena e Parma, nei quali è considerato praticamente insostituibile come spuntino per i più diversi utilizzi, ma comincia a diffondersi anche nel resto d’Italia, sia pure in misura minore, e all’estero, dove Paesi come la Germania, l’Olanda e gli Stati Uniti stanno manifestando un lusinghiero interesse.

Di Carlo Vanni

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