In una regione che ha visto la predilezione dei conquistatori romani per la carne suina sovrapporsi a quella celtica, nella cui economia i suini fornivano la grandissima maggioranza delle carni per l’alimentazione, l’allevamento, la lavorazione, il consumo della carne suina sono stati elevati a livello di scienza ed arte, uscendo dall’ambito della mera necessità alimentare per assurgere ad un livello superiore, in cui l’orgoglio di una grande tradizione artigiana è alla base di un sistema produttivo di prim’ordine.
Oggi, la carne di maiale, divenuta col tempo sempre più magra, è consumata in grande quantità anche non stagionata in molte preparazione di cucina alta e bassa, arrivando a competere con quella bovina, una volta ritenuta ben più pregiata; e mentre anche l’aspetto dietetico è stato soddisfatto e i prodotti tipici della cucina povera delle campagne ancora sono presente su migliaia di tavole, con un consumo che non accenna a diminuire, è persino in atto una riscoperta delle razze suine autoctone italiane ed emiliane: per nuove sperimentazioni, per arrivare a realizzare sapori ancora più genuini e con un occhio rivolto al recupero dell’ambiente, sia quello propriamente detto, sia quello costituito dalla cultura propria della zona, con le sue tante originali proposte.
Di Carlo Vanni
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