The imitation game, già in odore di Oscar per l’interpretazione di Benedict Cumberbatch, è uno dei film più apprezzati da critica e pubblico a inizio 2015. Il film racconta la vita del matematico Alan Turing, di cui si sapeva davvero poco, ma che fu in realtà il genio che decifro’ il codice “Enigma”, usato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Il terribile codice aveva un’impostazione che cambiava ogni giorno, allo scadere della mezzanotte.
Tratto dal romanzo di Andrew Hodges “Alan Turing. Storia di un enigma”, The imitation game ha il proposito di risarcirne la figura, dopo il “mea culpa” piuttosto tardivo del governo inglese nel 2009. Sullo stesso piano infatti avviene l’incontro tra lo spettatore e l’unicità del genio insieme a una personalità estremamente vulnerabile. Il racconto di delinea così tra la totale ammirazione e la compassione per questo grande personaggio. Con la regia di Morten Tyldum, che si è accostato con rispetto alle vicende di Alan Turing, il lungometraggio ci ricorda una notevole pagina della Storia ma anche di scienza. La matematica non è un qualcosa di freddo e distante dagli esseri umani, anzi lo svolgersi dei fatti mostra quanto possa essere indispensabile e salvifica. Ma ricorda allo stesso tempo, come un mantra durante il racconto, che ” sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare “, reindirizzando all’uomo il primato d’azione. Persone come Turing, che da adolescente fu deriso dai compagni di scuola per la sua introversione, e da adulto spesso emarginato perché poco compreso.
Il titolo The imitation game, si riferisce a un libro mai scritto da Turing, in cui si sarebbero teorizzate interessanti affinità e differenze tra il pensiero umano e quello della macchina. Ma alla luce degli avvenimenti storici potrebbe essere uno specchio crudele del singolo gioco che vide Turing dalla parte del perdente: quello del “gioco dell’imitazione sociale ” che avrebbe probabilmente potuto camuffare il genio da persona semplice, salvandogli la vita.
Di Luisa Galati