Martial Raysse a Palazzo Grassi

image“Il ruolo sociale del pittore? Mostrare la bellezza del mondo per incitare gli uomini a proteggerlo, ed evitare che si dissolva.” .
Queste le parole dell’arista di origine francese Raysse, che il 12 aprile
inaugurerà – col suo stesso nome – “Martial Raysse”, mostra monografica dedicata all’artista francese a Palazzo Grassi. L’esposizione è curata da Caroline Bourgeois in collaborazione con l’artista.
L’idea di fondo è quella di mettere a confronto epoche storiche e artistiche diverse nel contesto contemporaneo di Palazzo Grassi-François Pinault Foundation.
Per questa nuova mostra il concetto sta nel proporre allo stesso tempo prospettive e anche una retrospettiva, offrire una carrellata del lavoro di Martial Raysse non in ordine cronologico, ma da un punto di vista del tutto contemporaneo, cioè a partire dalle opere più recenti. Infatti, per la curatrice Caroline Bourgeois, ” i lavori a noi più vicini modificano il modo in cui osserviamo i precedenti, assicurando una maggiore profondità dello sguardo e rilanciando la questione del ruolo della pittura e di quello dell’artista”.

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Giorgio Agamben dal canto suo, ha affermato:”Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso questo scarto e questo anacronismo, egli è capace piú degli altri di percepire e afferrare il suo tempo”. Tutto è stato pensato rifacendosi al principio enunciato da Eugenio Garin: “imitare […] è assumere coscienza di sé, […] ritrovare la propria natura”. È così che, nel corso di tutta la vita, Raysse compie il proprio apprendistato, rendendo visibili – sullo sfondo, per così dire – non soltanto la storia dell’arte e i capolavori del Rinascimento, ma anche la banalità del quotidiano, dall’estetica dei Monoprix al tedio delle piccole cose.

imageDiversamente da come accadeva per gli artisti durante il rinascimento, i quali dovevano sottostare ad alcuni vincoli, Martial Raysse, nel corso di tutta la sua vita, ha mantenuto l’indipendenza. Il modo di rappresentare la vita fa pensare che l’artista voglia ridare speranza alla condizione umana, le donne rappresentate non sono legate ne’ all’aspetto sessuale e nemmeno alla bellezza classica; il lavoro di Raysse affascina perché scompone la regola cui il pubblico era abituato. E si può notare come ci sia una certa distanza critica nei suoi quadri storici rispetto a ciò che ci si può vedere ( o pensare ).

L’artista ricrea nuova vita attorno a temi mitologici, ma questo è un modo squisitamente contemporaneo e innovativo per porre la questione attuale del consumismo. L’artista francese è scultore, disegnatore, poeta e cineasta; un artista eclettico, sicuramente privo di etichette. Il suo tratto sembra proprio essere la singolarità nella molteplicità di espressione. Con i suoi accenti come la radicalità dei colori, la libertà e l’indipendenza di rappresentazione, Martial Raysse mostra la bellezza del mondo. Raysse, attraverso l’uso di colori forti e pigmenti puri, costruisce uno stile unico che pone uno sguardo diverso sul mondo e insegna così a vedere, in quanto “essere moderni significa prima di tutto vederci più chiaro”. Si percepisce nei lavori del poliedrico artista il bisogno della ‘ricomposizione’, una sorta di necessità che ognuno vi trovi il proprio ruolo, e si manifesti la responsabilità del singolo nei confronti dell’altro e dell’intera comunità.
imageIl percorso espositivo vuole mostrare a tutto tondo gli elementi del lavoro dell’artista: le sculture, il disegno come fase del lavoro, i film, i quadri, che costituiscono la parte più cospicua della sua opera: opere che possono essere pensate proprio come autoritratti in grado di rivelare l’intima solitudine che l’artista ha dovuto vivere in primis per proseguire nella ricerca personale.
Ricerca che ha maturato pensieri di vita, cone questo:“Ho sempre pensato che il fine dell’arte fosse cambiare la vita. Ma oggi l’importante, mi sembra, è cambiare ciò che ci circonda a ogni livello dei rapporti umani. C’è chi pensa che la vita debba essere copiata. Altri sanno che va inventata. Rimbaud non si cita, si vive.”

Di Luisa Galati

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