Elisir di lunga vita elogio della meditazione

Elisir di lunga vita elogio della meditazioneL’elisir di lunga vita (elogio della meditazione)

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I prigionieri della mente

«E che cos’è quest’uomo? È un essere mentale, schiavo della vita e della materia, e quand’anche non è schiavo della vita e della materia lo è della propria mente.»

(Sri Aurobindo, L’ora di Dio, Prima Sezione, “Il superuomo divino”.)Siamo tutti affetti da pensiero compulsivo

Molte patologie fisiche e psicologiche sono i sintomi del male oscuro che affligge la società moderna: il pensiero compulsivo.

Infatti, le persone oggi hanno perduto il controllo della propria mente, e ne sono ostaggio.

C’è gente che riesce a dormire solo se tiene la tivù accesa, altrimenti non riesce a smettere di pensare. Queste persone non possiedono il controllo della propria mente. La televisione è l’espediente che consente loro di distrarre la mente in modo da interrompere il flusso incontrollato di pensieri che impedisce loro di rilassarsi e di addormentarsi. Ma è possibile aver bisogno di un simile espediente per poter dormire?

Essere affetti da questo pensiero compulsivo significa essere in balia del proprio pensiero incontrollato. Ma il pensiero è uno strumento, proprio come il corpo, e come tale va dominato e non va lasciato libero di soggiogarci e di condizionare la nostra esistenza.

Così come gli istinti e le emozioni, anche i pensieri si collocano alla superficie della coscienza, si formano a livello dell’ego, dell’io esteriore, mentre nel profondo di noi stessi, a livello dell’Io interiore, del Sé superiore, dell’anima, vi è l’assoluta tranquillità della mente. Così come non conviene assecondare sempre gli istinti e le emozioni del momento, è necessario imparare a dominare la mente e bloccare il pensiero compulsivo.

L’attività involontaria della mente è all’origine del problema dell’insonnia

In fondo, oggi, chi più chi meno, siamo tutti affetti dal pensiero compulsivo. Chi di noi è capace di smettere di pensare? Ben pochi ci riescono. La maggior parte delle persone non solo si identificano con la propria mente, ma ne hanno anche perduto il controllo.

L’attività involontaria della mente è all’origine del problema dell’insonnia e dei sonni agitati. Infatti, quando siamo svegli il lavorio mentale si traduce in pensiero; quando dormiamo si traduce in sogni o addirittura incubi, cioè in un sonno movimentato e nient’affatto riposante.

Elisir di lunga vita elogio della meditazione 1Solo imparando a spegnere la mente, interrompendo o per lo meno attenuando sensibilmente il lavorio mentale prima di addormentarci, possiamo esser certi che il nostro sonno sarà profondo e distensivo. A tal fine si possono utilizzare tecniche di meditazione. Sedersi in silenzio e fissare un punto particolare sulla parete di fronte a noi, prestare attenzione al proprio respiro e così via. Sono tutti modi di sganciarsi dal pensiero. Nel cattolicesimo, la recitazione del rosario assolve una funzione analoga.

Il più grande di tutti gli psicologi fu indubbiamente il Buddha

Il problema di molte persone è che non sanno né di dover staccare la spina della mente, né come farlo. Oggi va tanto di moda andare dallo psicologo. Ora, lo psicologo ci aiuta a far funzionare la mente nel modo corretto, e questo va bene, ma anzitutto le persone hanno bisogno di imparare a fermare la mente. Per questo il più grande di tutti gli psicologi fu indubbiamente il Buddha.

Il problema della mente è la sua iperattività. Lo psicologo cerca di curare la mente per mezzo della mente, ma il compito è arduo, per non dire impossibile, giacché non si guarisce una mente iperattiva rimanendo nella mente, ma solo spostandosi al di là della mente, o meglio «staccando la spina» della mente stessa in modo da interrompere l’afflusso di energia e bloccare il sovraccarico, altrimenti si rimane intrappolati in un circolo che si chiude in se stesso, soggetti a una tensione che si autoalimenta fino al momento in cui l’intero sistema andrà in corto circuito.

Il sonno la funzione di uno «sfiatatoio» per la mente

Il sonno ha per l’appunto questa funzione di «sfiatatoio». Per mezzo del sonno evadiamo dalla prigione della mente e allentiamo questa tensione mentale, in modo da scongiurare il collasso. Ma a volte questo non è sufficiente. A volte la tensione è eccessiva e c’è bisogno di «evadere dalla mente» anche durante lo stato di veglia.

«Ed è possibile?» vi domanderete.

Certo, ed questa è appunto una delle cose che ci fanno capire che noi non siamo la nostra mente, che la mente è solo uno strumento, uno strumento che spesso viene impiegato più assiduamente del dovuto e che proprio per questo ha bisogno di essere messo in «stand-by», giacché, per via dell’abuso che ne facciamo, spesso si rompe o impazzisce.

Quando arrestiamo il pensiero, l’intero nostro essere si rigenera dall’interno

Quando siamo svegli e arrestiamo la mente, il pensiero è assente, ma rimane la consapevolezza. Si tratta di una consapevolezza pura, non ancora articolata in pensiero, ma c’è. Ed è proprio questa consapevolezza che ci fa capire che noi non siamo il pensiero.

Chi più chi meno, siamo tutti prigionieri della nostra mente, e quando riusciamo a spegnerla, anche solo per pochi istanti, l’intero nostro essere si ricrea. Quando spegniamo la mente, anche solo per pochi istanti, è come se l’intero nostro essere prendesse una boccata d’aria fresca. Ogni carcerato – e a maggior ragione un «prigioniero della mente» – ha bisogno della sua «ora d’aria», altrimenti dà fuori di matto.

Gli occidentali non sono abituati a interrompere il flusso dei propri pensieri e così restano prigionieri della propria mente, non riescono a uscire di lì. Non è colpa loro: è che nessuno glielo ha mai insegnato. Ma una persona può anche impazzire se la sua coscienza non fa altro che rimbalzare di qua e di là nella «stanza» della propria mente, senza mai uscire di lì. La coscienza ha bisogno di una «valvola si sfogo», di uno «sfiatatoio», e se lo procura ogni volta che, in modo volontario o involontario, «stacca la spina» della mente.

Come si fa?

Come si fa?
È necessario smettere di pensare.
E come?
Mollando la presa sui nostri pensieri.

Elisir di lunga vita elogio della meditazioneInfatti, ogni pensiero è qualcosa a cui ci aggrappiamo. Di solito, ci teniamo costantemente e ostinatamente aggrappati a uno o più pensieri. Ciò che dobbiamo fare è smettere di aggrapparci ad essi, lasciarli andare.

Occorre un po’ di impegno, naturalmente. Nella Bhagavad Gita, Arjuna dice a Krishna: «La mente, o Krishna, è irrequieta, turbolenta, ostinata e molto forte; dominarla mi sembra più difficile che controllare il vento.» (VI, 34) Ma Krishna lo rassicura, gli dice che dominare la mente è possibile, con la pratica adeguata. Infatti, esistono dei metodi.

Per esempio, gli orientali usano la meditazione. La meditazione consiste semplicemente nell’entrare in quello stato che c’è al di là della mente. Certi mistici la chiamano contemplazione, altri meditazione recettiva, altri ancora meditazione trascendentale. Non ha importanza il nome che diamo a questa pratica, ciò che importa è che intendiamo sempre la stessa cosa.

In occidente, certe persone usano lo sport. In effetti, certi tipi di sport possono somigliare a una sorta di meditazione: quando uno prende confidenza con i movimenti di uno sport allora non deve più pensare a quei movimenti: essi gli vengono naturali e così egli può lasciarsi andare e talvolta riesce a «staccare la spina» della mente e a utilizzare lo sport come una sorta di meditazione. Ma non è così facile. Personalmente, trovo che il sistema più efficace sia la meditazione vera e propria.

Tutto quello che devo fare per meditare è smettere di aggrapparmi al pensiero

Prova a fare così. Mettiti seduto tranquillo, con la schiena dritta e, per prima cosa, rilassa il corpo, rilasciando tutte le tensioni, anche quelle cui comunemente non fai caso: il volto, le spalle e così via. Poi smetti di aggrapparti al pensiero, lascialo cadere così come lasceresti cadere una pietra che stai tenendo in mano, cioè – semplicemente – aprendo la mano, mollando la presa.

È perfettamente inutile fare «da sorveglianti» alla propria mente, perciò non opporre resistenza al pensiero. Piuttosto, cerca di realizzare che il pensiero è qualcosa a cui ti tieni aggrappato per paura…

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