Il colloquio di lavoro vincente 6

Oggi si parla molto di lavoro. Trovare lavoro; ottenere un colloquio di lavoro, ottenere un contratto di lavoro; farsi assumere… Quel lavoro che sempre continua a sfuggirci tra le mani, quel lavoro così difficile da trovare, così difficile da sopportare e, diciamolo pure, così difficile da lasciare.

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colloquio lavoro rocco mela 5 Quando si parla di lavoro non si può mirare a caso, non si può calciare la palla e sperare di buttarla dentro. Come in una partita di calcio, ci sono schemi da seguire, ci sono tattiche da impostare, e ci vuole molta tecnica se si vuole fare la differenza.

Nulla deve essere lasciato al caso. Ma, sebbene sia vero il fatto che per vincere basti fare un goal in più dell’avversario, per convincere i tifosi, la folla, il presidente, bisogna strabiliare, stupire, essere di un livello superiore. Bisogna dare spettacolo, fare capire che chi ha speso i soldi per comprare il biglietto, li ha spesi bene e che, per vedervi giocare ancora, alla prossima gara interna uscirà altri soldi per poter entrare all’interno dello stadio.

È con questi pensieri nella mente che lo sguardo dei miei occhi non smette di scrutare il profilo linkedIn di un uomo che negli ultimi 10 anni ne ha giocate di partite, dai campi più piccoli di periferia fin dentro gli stadi più invidiati d’Europa.

colloquio lavoro rocco mela 6Quest’uomo è Rocco Mela… un nome che forse lo avrebbe automaticamente consacrato  nell’industria del cinema per adulti, o magari nel cabaret d’autore. Ma il tipo ha invece fatto di testa propria, mostrando giorno dopo giorno che la Mela non è bacata, che Rocco è the Rock.

È nato in pieno equatore siciliano, dove al di là delle capre e delle vacche, per le strade, si incontrano solamente rotoballe di fieno ed erba sui marciapiedi. Dove chi ha l’adsl al massimo riesce a navigare a 4 mega alle 2 di notte, quando non c’è traffico sulla rete. Ma il Mela ne ha fatta di strada.

Certo, chi va via dalla Sicilia, quella Sicilia arcaica fatta di agricoltura latifondista e di “viddrani” pagati alla giornata, porta rabbia dentro.
Quella rabbia che nasce perché non si sarà mai più accettati come Siciliani di razza dai propri conterranei ma, soprattutto, perché ci si dovrà sempre scontrare con quel pregiudizio bello e maledetto di essere un Siciliano per chi ti incontra.

Così, guardando il suo profilo, vedo dove ha vissuto in questi anni: Londra, Costa Azzurra, Budapest, Venezia, Belfast, Liverpool, Lodz (che ho poi capito essere la seconda città della Polonia, ma che nessun non Polacco conosce), Milano, anche una capatina a Bruxelles e una estate negli States.

Mi viene da ridere… più che Rocco Mela avrebbe dovuto chiamarsi Rocco Macedonia… ma questo non glielo dico, potrebbe non riderci su, incazzato com’è perché dove lavora adesso gli hanno tagliato lo stipendio.

Si, perché ho deciso di intervistarlo, sono curioso di sapere come fa una anonima persona del centro Sicilia a lavorare per multinazionali in giro per l’Europa, mandando a quel paese tutte le dicerie che si dicono quando si cambia lavoro troppo frequentemente: non si è stabili, non si dá fiducia, non si vuole assumere uno che dopo un paio di mesi alzerà la voce e farà casino in azienda.

Ci siamo sentiti un paio di giorni fa, dopo essere tornato nella sua Sicilia per staccare la spina, dice lui; tuttavia, lo stacco sarà corto. Tra poco ripartirà infatti con un altro lavoro a Roma. La capitale finalmente, la capitale che ha tanto voluto vivere ma che non gli è stata concessa.

Fissiamo l’intervista via Skype.
Accendo la webcam. Il dottor Mela ha gli occhi affaticati, di quelli che si sono usati tutta la notte per limare di continuo curriculum e profilo linkedIn. Per curare la propria presenza sulla rete.

È un tipo originale. Vive praticamente con una valigia di 20 kili, uno zaino degli alpini, un laptop e uno smartphone. Nella sua stanza non c’è altro, a parte un paio di libri di lingue.

Dopo le presentazioni, passiamo subito al dunque, passiamo a parlare di quel lavoro che tutti cercano.

colloquio lavoro rocco melaGli accordi sono di capire, tramite una chiacchierata virtuale, come si fa a buttarla dentro nel mondo del lavoro, come si fa a firmare quel contratto a tempo indeterminato che tutti sognano e che solo lui sembra rifiutare di proposito dopo ogni anno, candidandosi per altri lavori.

Rocco è uno che non bada alla forma, non le manda a dire.
Inizia lui a parlare: “Il lavoro è più impegnativo di una donna. Con una donna passi un paio di ore al giorno, con il lavoro ci passi tutta la giornata.
È il lavoro che ti cambia il carattere, che ti fa scegliere le tue amicizie, che decide chi sarai nella società.
È il lavoro che ti dà i soldi per vivere. È il lavoro che ti fa vivere riempiendo le tue giornate, che altrimenti sarebbero interessanti come una partita di quarta categoria dello Stato dell’Indonesia.”

Niente male come inizio! Ma lo stoppo, sono io che devo fargli le domande…

– Perché passi più tempo all’Estero che in Italia?
“Io vivo dove lavoro, se in Italia il 75% del lavoro si trova per conoscenza non è colpa mia.

– Stai dicendo che in Italia si va avanti solamente tramite raccomandazioni?
“Vedi, col tempo ho riconsiderato la concezione della raccomandazione: è normale che in una azienda privata si tenda ad assumere chi si conosce. Magari l’amico di un amico, il conoscente di un fornitore, il proprio figlio. Considera che il 97% delle aziende italiane è composto da meno di 5 persone. È chiaro che il capo dell’azienda non può ammortizzare il rischio di assumere un rompi scatole. Quindi parlerei di segnalazione, e non tanto di raccomandazione. Ovviamente la raccomandazione esiste, è una piaga italiana, ma la vedo come una piaga delle aziende pubbliche, i privati non assumono di certo i raccomandati che non conoscono, di cui non si possono fidare e che non producono.”

colloquio lavoro rocco mela 2– Allora il fatto di abitare all’Estero è semplicemente il risultato di non avere coltivato conoscenze in Italia?
“Nel centro della Sicilia o ti aggreghi alla Stidda (una derivazione di Cosa Nostra, ndr) o lavori in agricoltura. Ma se non hai un lascito terriero, devi per forza fare il “viddranu” alla giornata.
Quindi, se ci rifletti, non sono stato io ad andarmene, è la Sicilia che me lo ha imposto.”

Il Mela sembra sicuro di quello che dice, vediamo di stuzzicarlo un poco

– Che rapporto hai con la tua terra?
“A parte il forte accento che non ho mai perso (Risata)?
Io amo la mia terra, e bisogna essere orgogliosi delle proprie origini, ma non posso rimanerne vincolato.
È come quando da ragazzino avevo imparato ad usare Windows 3.11. Sembravo essere dio in terra.
Poi è arrivata la rivoluzione di Windows 95… te lo immagini che cosa sarebbe successo se fossi rimasto fermo?
Così è la vita; non puoi fermarti, il mondo va avanti, la vita stessa, la tua vita va avanti. Non bisogna permettere che un evento, fosse questo il più importante che ti possa mai accadere, ti condizioni l’esistenza.
Quindi, tornando alla tua domanda, ti dico che sono Siciliano nel cuore, ma nella testa sono aperto a tutto quello che i miei occhi e le mie orecchie sono capaci di cogliere.”

Da come continua a rispondere si nota una certa esperienza di vita, non lo si può negare.
Ma non lo voglio ascoltare per la sua vita, voglio parlare con lui di lavoro. Glielo dico:

– Ho visto il tuo linkedIn, e il curriculum che mi hai girato… si può sapere come fai a trovare sempre lavoro, mentre altri si sbattono per mesi, anni, senza cavare un ragno dal buco?
“Perché consideri difficile il fatto di trovare lavoro? C’è una domanda, da parte di aziende, e c’è una offerta, ossia noi. Lo si studia anche alle scuole medie. Bisogna far combaciare l’offerta con la domanda.
Se una azienda cerca un programmatore informatico, non mi propongo. Se cercano un pirla da schiavizzare 12 ore al giorno per 500 euro mese non mi propongo.
Se cercano uno che pensa “out of the box”, in modo creativo, non convenzionale, differente, unico, se cercano uno che porta a casa il risultato, e se lo cercano multilingue con anni di esperienza nella vendita, mi propongo. Tu mi accennavi della metafora del calcio, ossia che bisogna buttarla dentro per vincere.
Sono in parte d’accordo. Ma dovremmo completare la visione d’insieme: non si puó giocare contro il Real Madrid se si è in un campionato di provincia. Tempo a tempo.
E che sia chiaro, c’è onore nel giocare nel Bernabeu cosi come c’è dignità nel giocare in campo di fango.
Ma lasciami esprimere con una mia metafora, quella della boxe, sport che a me piace tanto: non si sale sul ring se non si è preparati, non si accetta il match se non si conosce bene chi si andrà ad affrontare, non si fa il pugile se non si è pronti a mettere questa scelta sopra le altre.”

Il colloquio di lavoro vincente 2– Cosa c’entra la boxe col lavoro?
“Hai presente quel momento in cui decidi di capire come si scrive un curriculum vincente, quello dove si scrive solo quello che interessa all’azienda per cui ci si sta candidando, senza inviare gli stessi curriculum indistinti a centinaia di email trovate tramite Google?”

– Si, ma continuo a non capire la relazione con la boxe?
“Un buon curriculum è come un buon manager per un pugile. È la tua presentazione, cosi come il tuo manager ti presenta a coloro i quali curano gli interessi dello sfidante.
Mi segui adesso?”

(Alla fine è lui che sta facendo le domande, me lo immaginavo. Ma il discorso sta prendendo senso). – Si adesso si, continua.
“Ecco, il manager ha fatto la sua parte. Adesso c’è l’incontro, che per noi è il colloquio di lavoro.
Ci giochiamo tutto lì. E quello il nostro ring.
Come ti dicevo prima non possiamo salire sul ring fuori forma, impreparati, senza voglia di vincere.
Lo stesso vale quando si affronta un colloquio di lavoro. Ci vuole un piano, bisogna passare tempo a studiare l’azienda, bisogna prepararsi a ricevere i loro colpi, a saperli incassare, e a reagire di scatto.
In un incontro di pugilato puoi anche andare al tappeto, ma hai il diritto di rialzarti.
Lo stesso vale quando sei con un recruiter. Ti farà domande dure, domande sporche.
Loro sono cattivi, e devono esserlo. Ne possono scegliere uno di candidato idoneo, ed è durante il colloquio che avviene la scelta.”

– Interessante. Molto, veramente. Ma non andare troppo per le lunghe. Sputa il rospo, cosa bisogna fare per portare a casa il contratto?
“Te l’ho già detto. Bisogna prepararsi. Studia l’azienda, studia l’offerta di lavoro.
Quando mi candido per una posizione, so cosa vogliono le aziende e glielo do. Fine del discorso.”

– Non direi che il nostro discorso possa finire cosi! Insomma, tu come ti prepari?
“Se vuoi saperlo ci ho scritto un libro. Rispondo a 100 domande, le 100 domande che almeno una volta mi hanno fatto durante tutti i colloqui che ho fatto in giro per l’Europa. Li troverai la via a quello che io chiamo – il colloquio di lavoro vincente – .”

– Mi stai vendendo un libro  😀 ?
“No, faccio altro nella vita. Non vivo vendendo libri. Ma penso che faresti bene a chiudere l’intervista facendo una recensione al libro, stanno lì i chiarimenti che ti faranno capire come faccio a vincere gli incontri con i recruiter”.

– Si vende che lavori nella vendita. Ma hai ragione, se è vera la metà delle cose che hai detto, non posso non recensire il libro.
Ok Mr Mela è stato un piacere. Ma dove andrai a lavorare adesso, mi dicevi di Roma…
“Si dovrei andare a Roma, ma fino a quando il contratto non è firmato l’incontro non è ancora vinto. Sto ancora giocando le mie ultime riprese. Ti terrò aggiornato. Ciao Reggiano.”

Il colloquio di lavoro vincente 350La connessione finisce, il Mela ha già chiuso skype.

La curiosità c’è. Compro il libro su Amazon, lo scarico subito sul mio Kindle.
Andiamolo a sfogliare questo manuale.
Il dottor Mela sembra effettivamente sapere il fatto suo. Il libro è pura sostanza, già dal titolo si capisce che non si tratta di fuffa: “Il colloquio di lavoro vincente: come  rispondere alle 100 domande più frequenti che ti faranno i recruiters”.

Lo leggo in una serata. Il ragazzo non ha mentito.
Ho veramente trovato le domande che fanno in qualsiasi colloquio e, il Mela, dà una risposta personale per ogni questione, dicendo cosa è meglio dire e come dirlo.
Soprattutto, leggo che consiglia sempre di prepararsi prima a casa. Bisogna fare i compiti, scrive lui.
Fare i compiti, sapere il più possibile dell’azienda per cui ci si è candidati e il più possibile su di noi.
Niente bluff, questa è roba seria. Ma, lo scrive più volte il globe trotter siciliano, bisogna evitare di darsi da soli la zappa sui piedi.
Non nascondiamo le nostre debolezze se il selezionatore punta l’indice su queste, ma non scopriamole di nostra spontanea volontà.
Per ogni scelta fatta in passato, anche sbagliata, c’è stato un motivo.
E se si riesce a dimostrare, con tanti buoni esempi che si è imparata la lezione, che si è cresciuti dagli errori passati, chi ti deve assumere torna a rassicurarsi.
Ma per farlo bisogna veramente sapere che si vale tanto.
Bisogna fornire palate di esempi positivi.
Non basta scrivere sul cv che si è problem solver. Bisogna dimostrarlo di saperlo fare.
Non basta vantarsi di essere un team player. Senza prove le vostre parole valgono meno di una banconota di 25 euro.

Il manuale lungo 160 pagine, è scritto in seconda persona. È come se si stesse dialogando con lui di presenza. Ti dice di fare questo e non quell’altro. Ti dice come presentarsi al colloquio e come concluderlo.
Ti consiglia di chiedere il 20% di salario in più rispetto il tuo ultimo lavoro, perché tu vali e te lo meriti.
È vero. Si ha la sensazione di essere sotto la guida di un allenatore, e di essere diventati dei pugili.
Immagino la faccia del recruiter che mi scruta e mi pone domande secche sui buchi nel mio curriculum.
Ma penso al mio allenatore, che mi ha detto cosa e come rispondere, e allora sono tranquillo.
colloquio lavoro rocco mela 3Mi sento rilassato.
È come quando a scuola si facevano i compiti per il giorno dopo e la maestra ti scriveva eccellente sul quaderno.
Si, Rocco Mela sa il fatto suo.

Ho capito. Lui riesce sempre a cambiare lavoro perché non lascia nulla al caso. Ancora prima di fare il colloquio, ha già letto e memorizzato il profilo linkedIn del selezionatore.
Ancora prima di iniziare, sa già a memoria quali sono i suoi punti forti e deboli.
Sa già quali esempi dare e quali evitare.
Sa già quanto chiedere come stipendio.
Sa già a quali domande si può rispondere con un “no, scusi, questa è una domanda che viola la mia privacy”.

Ma c’è una cosa che Rocco Mela non mi ha detto durante l’intervista.
La trovo sul libro. Bisogna essere il migliore venditore di se stessi.
Dare all’azienda quello che cerca.
Niente merce scadente, solo il top. Tutte le aziende cercano il top.
E voi lo siete.
Rocco Mela ne è convinto.

Il libro è stato veramente dedicato al vostro successo e quasi quasi mi viene voglia di scrivergli una prefazione…

Di Massimo Dallaglio

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